Quali sono le maggiori difficoltà che si devono superare quando si organizza una fiera del fumetto? E, più in generale, come si vede dalla prospettiva dell’organizzatore di questi eventi, la situazione del fumetto in Italia? Lo abbiamo chiesto a Vittorio Pavesio, editore ed autore, ma anche art director e organizzatore di Torino Comics.

Quali sono le difficoltà che si possono incontrare nell’organizzare un evento come Torino Comics?
Ricordo che 18 anni fa, quando organizzammo la prima edizione di Torino Comics, la difficoltà maggiore fu la mancanza di esperienza, in quanto era la prima volta che avevamo a che fare con l’organizzazione di un evento simile. Se avessi avuto l’esperienza che ho oggi, avrei visto tutto in un’ottica diversa. Una delle cose importanti da tenere presente, quando si organizza un evento del genere, è avere ben chiaro il contesto in cui si opera, considerare l’evoluzione del mercato del fumetto e delle fiere. Ovviamente bisogna ricordarsi che realizzare una fiera è un’impresa commerciale, perché alla fine si devono far quadrare i conti. Ci sono entrate e uscite, e l’obiettivo minimo da raggiungere è il pareggio di bilancio; anche se poi, in realtà, qualche guadagno lo abbiamo ottenuto, grazie soprattutto alla sinergizzazione delle operazioni. Essendo anche un editore, infatti, posso utilizzare la fiera anche come rampa di lancio dei miei progetti, ospitando autori miei e di altri editori, in modo tale da avere un ritorno indiretto.

Come si finanzia un progetto come Torino Comics?
Un modo è quello di ottenere dei finanziamenti dagli enti, ma non è una cosa facile. Per noi a Torino negli ultimi anni è stato molto difficile. Alla fine, per organizzare un evento come Torino Comics non servirebbero chissà quali finanziamenti, basterebbe una briciola di ciò che viene sprecato. In questo modo si potrebbero coprire i costi e dare la possibilità a tutti di fruire al meglio della manifestazione. Negli ultimi tre anni la manifestazione è cresciuta perché abbiamo abbassato alcuni costi ed è aumentato il pubblico. Diciamo che abbiamo cominciato a portare a casa i frutti di tanti anni di sacrifici e lavoro, che ci hanno portato via tantissime energie, sia umane che economiche. Siamo riusciti a reggere il passo, superando tutte le tempeste che si incontrano quando si organizza un evento di questo genere.

È un peccato che eventi che muovono migliaia di persone non vengano tenuti nella la giusta considerazione…
Sono dell’idea che ci sia molta ignoranza in Italia, e non parlo solo di fumetto. Da parte del mondo politico c’è quasi sempre un approccio superficiale e fasullo, nel senso che si fa finta di essere interessati a un argomento fino a quando non si spengono i riflettori sulla fiera, poi tutto finisce lì. Se poi parliamo di fumetto, a volte l’impressione è che venga considerata materia per bambini, spesso bambini stupidi. So che non è giusto fare di tutta l’erba un fascio, io stesso ho avuto per anni a che fare con un assessore appassionato di supereroi, ma la considero l’eccezione che conferma la regola. Di solito, da parte degli assessori alla cultura c’è freddezza e distacco nei confronti di un evento come il nostro, che comunque muove più di 20.000 persone, dura da ben 18 anni ed è a tutti gli effetti un evento della città. Al di là dell’interesse personale, credo che un assessore alla cultura dovrebbe occuparsi di un evento simile, anche solo per criticarlo; ciò che non accetto è il fatto che l’evento venga ignorato. Credo che la cosa avvenga a Torino così come nel resto d’Italia.

Che cosa pensi del proliferare di fiere del fumetto in tutta Italia?
Nel corso degli anni sono nate, cresciute e morte molte iniziative; alcune sono terminate alla prima o seconda edizione, altre hanno continuato. Le fiere più longeve si contano sulle dita di una mano. È interessante notare come ogni fiera abbia una sua caratteristica, sia nel modo in cui nasce che in quello in cui si sviluppa nel tempo. Napoli Comicon, per esempio, è nata con una grande attenzione all’aspetto espositivo, con mostre ben curate e la presenza di grandi autori; l’aspetto commerciale è stato lasciato per ultimo.

Esiste una formula per la fiera perfetta?
È normale, quando si organizza una fiera, avere a che fare con tanta gente che vorrebbe che l’evento venisse organizzato in un altro modo, diverso da come hai deciso tu. Ognuno farebbe la fiera a modo proprio. Io ascolto tutti, cerco di filtrare le cose utili e interessanti, faccio il bilancio di tutte le cose che vengono dette, a volte anche in modo maldestro, perché spesso a parlare sono persone che hanno un’esperienza minima e hanno vissuto la fiera solo come visitatori. Molti vorrebbero che non ci fosse il biglietto d’ingresso, o che gli espositori potessero pagare solo la metà di quanto pagano oggi per uno stand. Io sarei contento di regalare gli stand e di rendere gratuito l’ingresso, sarebbe tutto più facile per me e sicuramente mi divertirei di più, ma in tal caso servirebbe qualcuno che potesse finanziare interamente l’evento, un mega sponsor o un ente che utilizzi i denari pubblici, invece di sprecarli in cose decisamente più costose e inutili.

Parlaci del tuo lavoro come editore. Quali sono i progetti futuri?
Come editore l’atteggiamento non cambia. È importante badare alla concretezza di un progetto, la sua vendibilità, e allo stesso tempo lavorare insieme agli autori con rispetto e stima reciproca. Questo è un periodo molto complicato, la crisi ha influenzato la distribuzione e il modo di approcciare il mondo delle librerie. Alcune di esse hanno dovuto chiudere, anche se in realtà non è cambiato molto nel mondo del fumetto da una anno a questa parte. Anch’io sto cercando di ripensare il modo di fare editoria: mi piacerebbe dedicarmi sempre più non tanto alla stampa di prodotti già esistenti dei quali sono stati acquistati i diritti, quanto allo scoprire nuovi autori e nuovi talenti da immettere sul mercato. Forse a spingermi in questa direzione è stata l’esperienza dei cinque anni di Scuola Internazionale Comics, dove sono a stretto contatto con nuovi giovani talenti.

Come ha influito la “crisi” generale dell’economia sul mercato del fumetto?
È indiscutibile che i numeri dell’editoria siano scesi parecchio, e ciò dipende molto dalla sensazione di povertà che affligge la gente oggi. Se un tempo l’editoria avrebbe perso in queste stesse condizioni il 2%, oggi perde il 10% perché la gente non compra più, temendo di non riuscire a pagare il mutuo a fine mese, anche se a volte si tratta solo di una sensazione a livello emotivo. Di crisi del fumetto sento parlare da 35 anni, per cui sono abbastanza immune. La vera crisi da combattere è quella delle idee; se si riesce a sconfiggere quella crisi, le idee possono riportare la crescita e dar vita a una controtendenza.

Per chi volesse conoscere altri aspetti dell’attività di Vittorio Pavesio, emersi durante la nostra chiacchierata, rimandiamo al nr. 6 di Sbam! Comics, la nostra rivista digitale gratuita scaricabile liberamente da qui.

(Sergio Brambilla • 23/12/2012)