Una carriera cominciata come assistente di Magnus, passata tra Kriminal e Satanik, Alan Ford e la Compagnia della Forca, Ulula e Paperino (!), e poi culminata con Martin Mystère. Senza dimenticare una grande passione per la pittura e per il western. La Sbam-redazione a colloquio con il grande Giovanni Romanini.
Giovanni Romanini ci parla dallo schermo del computer, collegato via Skype con la nostra redazione. Un’intervista che si è rapidamente trasformata in una vera e propria chiacchierata tra appassionati, durante la quale ci ha mostrato tavole e dipinti da far venire i lucciconi a qualunque appassionato. Sì, perché parliamo davvero di un grande artista, di un autore che ha attraversato oltre quattro decenni di storia della Nona Arte italiana. Bolognese, classe 1945, Romanini è passato senza esitazioni dall’umoristico al realistico, dal fumetto erotico a quello disneyano, dal western allo storico. Senza dimenticare la pittura. Una lunga carriera cominciata come aiutante del grande Magnus, il maestro – che descrive ancora oggi con ammirazione e nostalgia – di cui ha seguito le orme, giungendo a livelli di assoluta qualità.
Di seguito trovate un estratto della nostra lunga intervista: potete leggerla integralmente scaricando gratuitamente da QUI il nr. 12 di Sbam! Comics, la nostra rivista digitale, cui vi rimandiamo.
Cominciamo dalla fine: cosa fa oggi Giovanni Romanini?
Il mio lavoro principale attualmente è Martin Mystère, che disegno su testi di Alfredo Castelli. Un personaggio che mi piace molto, dalle grandi potenzialità e dalla notevole originalità tutta personale: è diverso da tutti gli altri personaggi con cui mi sono cimentato e, lavorandoci, mi ci sono molto affezionato.
E poi lavoro su cose mie. Dopo quarant’anni di fumetti ho voglia di lavorare su formati più grandi, di uscire dallo spazio chiuso della vignetta, dai pochi centimetri del singolo riquadro. Ecco perché, visto che amo molto il western, sto lavorando su alcuni olii e tempere a soggetto western.
Invece torniamo alle tue origini: come sei arrivato a fare fumetti?
Fin da ragazzo dipingevo, mi è sempre piaciuto dipingere. Già a vent’anni vendevo qualche mio quadro. Intanto lavoravo per i cartoon: con la Vimder Film ho collaborato a corti per Carosello, tipo Taca Banda e il Pirata Pacioccone. Fu un ottimo allenamento, una grande gavetta, perché per fare i cartoni animati dovevi disegnare davvero moltissimo. Poi ho conosciuto Magnus e sono rimasto coinvolto da Kriminal, Satanik, Alan Ford… Ed è stato l’inizio di una grande passione che mi ha cambiato la vita. All’inizio facevo il passaggio a chine sulle sue tavole, poi ho cominciato a lavorare anche da solo. Ho collaborato con Roberto (Roberto Raviola, il vero nome di Magnus, per quei 3-4 terrestri che non lo sapessero, Ndr) per parecchi anni.
Devi assolutamente raccontarci del tuo incontro con Magnus!
È stata una cosa molto simpatica. Mio padre faceva il parrucchiere e io avevo appeso alcuni miei quadri nel suo negozio. Un giorno entra una signora che li vede, si complimenta con mio padre e chiede dell’autore. Infatti, così disse, conosceva un certo Roberto Raviola che faceva fumetti e cercava un aiutante per il suo studio. È stato così che ho scoperto di abitare a poche centinaia di metri da Magnus! Preparai una cartella con un po’ dei miei lavori e mi presentai alla sua porta. Lui ne fu subito molto contento, telefonò a Max Bunker e mi spedì a Milano per conoscerlo. Pochi giorni dopo tornai a Bologna con la mia prima sceneggiatura di Kriminal: me la ricordo ancora benissimo, era l’episodio La vecchia bicocca, nel 1969.
Così cominciasti a lavorare “in grande”.
Ah, sì, lavorare con Magnus è stato grandioso! Era un vero genio, un artista di livello internazionale. Ricordo una volta, a una mostra: gli organizzatori intervistarono Moebius e gli chiesero quale autore italiano preferisse. Rispose senza pensarci un attimo: Magnus.
Che persona era?
Andavamo molto d’accordo, siamo diventati amici anche fuori dal lavoro, ed è stato così per più di quarant’anni, fino al 1996 quando è morto. Una perdita tragica per il fumetto, per di più contemporanea a quella di Bonvi, di Pratt… Peccato, avevamo tanti nuovi progetti in mente, come il Conte Notte…
E con Max Bunker come lavoravi?
Stiamo parlando di un vero genio, un autore dalla fantasia incredibile! Quando arrivavano le sceneggiature di Alan Ford, ricordo che io e Roberto ci ribaltavamo dal ridere! Battute mai viste, Superciuk, Tromb, la signorina Boia, cose uniche! Il successo di Alan Ford fu qualcosa di irripetibile, di livello popolare: la gente quando ci riconosceva ci fermava per strada, ci chiedeva l’autografo sugli albi, un fenomeno mai visto!
Tu hai passato a china decine degli albi di Magnus. Da qui la domanda che legioni di alanfordiani si fecero all’epoca: perché non fosti tu a sostituirlo su Alan Ford quando lui decise di lasciare la serie col famoso nr. 75 (dal titolo – neanche a farlo apposta – Cala la tela per Superciuk)?
Boh, le cose sono andate così. Roberto dopo tanti anni voleva fare cose diverse e si staccò dall’Editoriale Corno. A me in seguito è capitato di disegnare ancora tre numeri della serie ma niente di particolare…
Ce l’hai un aneddoto, qualcosa di particolare legato al tuo lavoro su Kriminal?
Difficile, parliamo di tanti anni di lavoro… Certo è che all’epoca di Kriminal, Roberto mi lasciava stupefatto: una macchina da guerra, lavorava a ritmi di produzione incredibili e non smetteva mai di sperimentare. Proprio con Kriminal – e con Satanik – ad esempio, ha inventato un modo nuovo di disegnare l’occhio: cominciò a raffigurarlo in un modo del tutto nuovo, mai visto in altri autori prima. Poi, aveva studiato le silhouette nere per rappresentare i personaggi nell’ombra: servivano per accorciare i tempi di lavoro, ma, ancora oggi, per quanto datate, mantengono la loro efficacia.
(Antonio Marangi • 13/12/2013)