Felix the Cat è certamente uno dei personaggi più longevi e significativi del fumetto e del cartoon mondiale. Nacque infatti già nel 1917 ad opera di Pat Sullivan, un autore di origine australiana, per un cartone animato. Un cortometraggio dal successo talmente clamoroso da decretarne subito la serializzazione, tanto che Sullivan ne produsse ancora ben 99. Dalla celluloide alla carta il passo fu breve, e il gatto nero dai grandi occhi sbarrati ebbe una sua serie di strisce e una tavola domenicale, come da sana tradizione americana dell’epoca. Il 14 agosto del 1923 il King Feature Syndicate lanciò quindi la prima di una lunghissima serie di tavole domenicali e il 9 maggio 1927 debuttò anche la strip sui giornali. Tutte produzioni firmate da Pat Sullivan stesso, ma certamente opera anche dei vari collaboratori del suo studio, a cominciare da Otto Messmer, suo fidatissimo collaboratore fin dagli esordi (secondo qualcuno, forse addirittura il vero creatore di Felix), e da Bill Holman. Nel 1933, alla morte di Pat, anche suo nipote – che portava il suo stesso nome – lavorò al personaggio fino al 1954, quando tutta la produzione passò a Joe Oriolo, allievo di Messmer e in seguito autore anche del fantasmino Casper.
Oggi, a occuparsi di Felix è Don Oriolo, figlio di Joe, regista (tra le tante altre cose che fa) del lungometraggio Felix the Cat, the Movie del 1988.
Un grande successo fin da subito, dicevamo. Felix fu presto protagonista anche di gadget e giocattoli e venne scelto dal grande aviatore Charles Lindbergh come mascotte del suo aereo. Lo stesso Walt Disney ne subì l’influenza quando cominciò a lavorare a un certo topo con le braghette rosse.
Inizialmente, Felix era chiaramente imparentato con un altro gatto dei fumetti, la Krazy Kat di George Harriman, talmente innamorata (pazza, appunto) del topo Ignatz da sopportare stoicamente i mattoni che il sorcio non perdeva occasione di tirarle in testa. Come lei, il primo Felix viveva in un paesaggio di campagna vagamente lunare e dall’atmosfera un po’ malinconica.
Le prime avventure mettevano il gatto nelle situazioni più disparate, tutte assolutamente “normali”, tali da permettere al lettore (o allo spettatore del cartoon) di immedesimarsi in lui, alle prese con un bambino che non vuol dormire, con un vicino di casa fastidioso o – semplicemente – con la ricerca di un pranzo adeguato. Tutto questo però era avvolto in un’atmosfera fantasiosa e molto spesso poetica: se Felix afferra un palloncino, questo lo trascina verso l’alto, fino allo spazio siderale, dove il gatto potrà saltellare senza problemi da un pianeta all’altro e da una stella all’altra, salvo finire nella costellazione del Leone e doversela dare a gambe levate per evitare di essere sbranato dal felino che la abita. Se si trova in pericolo, nulla gli impedisce di servirsi come arma di difesa del punto esclamativo che gli compare sulla testa a sottolineare il suo stato d’animo. Non manca ovviamente di interagire con altri esseri viventi, umani o animali che siano, senza tuttavia mai perdere la sua identità di gatto a tutti gli effetti: se sale da clandestino su una nave, rischia di essere buttato a mare perché i marinai temono che un gatto nero porti sfortuna.
Il successo portò ben presto Felix a superare le frontiere degli Stati Uniti: in Italia, fu il Corriere dei Piccoli (e chi, se no?) nel 1926 a tradurlo e proporlo ai suoi giovanissimi lettori. Lo fece eliminando i balloon a favore delle frasi in rima sotto le vignette e, soprattutto, ribattezzandolo Mio Mao. In seguito, il personaggio è stato proposto anche da Il Mago e in parecchi volumi antologici di vari editori. Quando poi venne “notato” nel 1962 da Renato Bianconi – il vulcanico editore che tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta invadeva le nostre edicole con centinaia di albi per ragazzi, con Braccio di Ferro e Geppo, Nonna Abelarda, Provolino, Bongo, Chico e chi più ne ha più ne metta – ecco, lì cominciò tutta un’altra storia.
Nasceva il Felix italiano, un personaggio completamente diverso: un Felix che interagisce con gli esseri umani e in qualche modo perde progressivamente la sua natura di gatto, divenendo via via a tutti gli effetti un essere antropomorfo sempre meno “animalesco”, se non nell’aspetto. Vive in un mondo di umani “normali”, che lo trattano da pari a pari. Eccolo quindi guidare l’automobile nel traffico; vive in una casa arredata, guarda la televisione, litiga con i vigili urbani, va a fare la spesa, odia la pubblicità, cerca lavoro, aspetta le ferie e ripara il lavandino. Insomma, è uno di noi, un tipico italiano, con i nostri problemi e le nostre speranze. Anche la sua fidanzata, la gattina bianca Kitty, e i due nipotini discoli Inky e Dinky (ma sovente più furbi di lui, in un rapporto molto simile a quello di Paperino con Qui, Quo e Qua) sono molto “umanizzati”. Non c’è più traccia di fantasie oniriche e i punti esclamativi restano al loro posto. Anche se – a onor del vero – anche “questo” Felix, senza nessun problema, può trovarsi catapultato nel Far West come nello spazio (ma stavolta niente palloncini, usa un razzo in piena regola), nel Medioevo o nell’antica Roma, e può fare un giro in fondo al mare o in piena jungla africana. Gli artefici di questa piccola “rivoluzione” furono i grandi autori bianconiani: da Mario Sbattella a Pier Luigi Sangalli, da Alberico Motta a Sandro Dossi a Umberto Manfrin. Proprio Manfrin lo adattò al suo stile molto personale, tornando a realizzare storie surreali. Era però ormai alla fine di un’epoca.
Dopo la chiusura della Bianconi, Felix è scomparso dai radar del pubblico italiano, salvo che per qualche antico cartoon proposto dalle Tv private e per le romantiche bancarelle di albi d’antiquariato.
Ecco perchè noi di Sbam! – in collaborazione con BIC Licensing Group, azienda che da sempre cura Felix in Italia, in diretto contatto con la Felix the Cat Corporation – siamo particolarmente orgogliosi di questa nostra iniziativa: la riproposizione in formato digitale di una selezione delle storie di Alberico Motta e Sandro Dossi, scelte tra le centinaia di pagine della loro produzione dell’epoca dagli stessi autori e impaginate con una grafica che vuole proprio ricordare gli albi degli anni Sessanta e Settanta, quelli che hanno segnato i ricordi dell’infanzia di milioni di italiani. Li trovate tra i nostri Sbam! Book, a un costo che abbiamo contenuto il più possibile: speriamo possa farvi piacere leggere (o ri-leggere) queste avventure di Felix, come ha fatto piacere a noi, e scoprire le chiavi di lettura di queste pagine che da bambini non potevamo notare. Insomma, dare a queste opere il giusto valore, quello che magari l’iper-produzione commerciale di quegli anni non ha permesso loro di vedersi riconoscere.
(Antonio Marangi)