«Ho cominciato a fare fumetti perché ho sempre amato leggerli, immergermi nel loro linguaggio. Erano gli anni Ottanta e la scoperta della grande scuola autoriale italiana e francese, sommandosi alle suggestioni di quella americana e sudamericana che avevano costituito la mia prima base di lettura, mi hanno spinto a provare, a raccontare per immagini il mio modo di interpretare la vita.
Frigidaire è stata la casa ideale per cominciare tutto con entusiasmo. Lì è nato Ramarro, il primo supereroe masochista, che è il personaggio a cui dedicato tanta della mia visione della vita con tutte le sue contraddizioni».
Così è cominciata la nostra intervista a Giuseppe Palumbo – che potete leggere nella sua versione integrale su Sbam! Comics nr. 20, scaricabile liberamente da QUI –, disegnatore ormai in pianta stabile nei piani alti delle Nuvolette italiane, e il cui nome, nella mente degli appassionati, si collega istantaneamente a quello di Diabolik.
Diabolik: come è stato all’inizio prendere in mano un personaggio “così storico”? A quale degli autori che ti hanno preceduto hai fatto più riferimento?
Quando mi è stato affidato il compito di disegnare il remake de Il Re del Terrore, per celebrare i 40 anni di Diabolik, ho sentito tutta la responsabilità dell’impresa: disegnare un personaggio che era – ed è tuttora – una icona pop della nostra cultura non è una impresa da poco. A muovermi è stato il rispetto per le migliaia di lettori che sostengono il personaggio e pretendono che non venga snaturato a caso. Hanno apprezzato la mia interpretazione al punto che ormai ho un appuntamento fisso, ogni primavera, con loro. Zaniboni e Facciolo sono stati i miei riferimenti, ma ho cercato di fare mio il personaggio sin da subito, dalle prime prove viste e accettate dalla signora Giussani.
Raccontaci i retroscena di Casa Astorina: quali sono le diverse fasi della lavorazione?
Per quanto riguarda i “miei” Speciali, Mario Gomboli e Tito Faraci (talvolta affiancati da Alfredo Castelli e Sandrone Dazieri) elaborano un soggetto molto dettagliato, per poi passare al solo Tito la fase di sceneggiatura (ma sempre sotto lo sguardo vigile di Gomboli e della redazione). Una volta approvata, la sceneggiatura passa a me, che realizzo le tavole a matita. Segue poi la fase di lettering (ancora analogico!) e le tavole tornano a me per essere inchiostrate. Scansionati gli inchiostri, su un file a parte, usando una matita rossa, indico tutte le sfumature di grigio a Leonardo Vasco che realizza la retinatura a computer. Approvato tutto, si va in stampa.
Il pubblico di Diabolik è uno dei più esigenti e “conservatori” di tutti gli appassionati di fumetti (pensiamo ad esempio alla “rivolta” a seguito del restyling della copertina della serie inedita due anni fa): quanto influisce la vox populi sul tuo/vostro lavoro?
Come dicevo prima, migliaia di lettori non sono un dato ininfluente quando si tratta di operare scelte significative. Ma è ovvio che non si può pensare, specie in situazioni delicate, di fare la scelta che metta d’accordo tutti. Magari! Così anche quando sono stato scelto come disegnatore, non tutti sono stati concordi, ma per fortuna i malumori sono stati sempre in numero “piccolo”, così io sono ancora qua, dopo quasi 15 anni, a lavorare su una serie di storie molto importanti per Astorina oltre che per me.
L’intervista completa su Sbam! nr. 20. Insieme a molte altre cosucce interessanti, s’intende, a cominciare da un’altra intervista, pure diabolika, a Mario Gomboli…
(Antonio Marangi)