La definizione “disegnatore di fumetti”, nel suo caso, appare fin troppo limitativa. L’arte di Lucio Parrillo, infatti, viaggia ben oltre i confini delle Nuvole Parlanti, abbracciando l’illustrazione, la pittura pop-surrealista, le opere dei grandi del passato. Una vocazione che negli ultimi anni l’ha portato a esporre in gallerie d’arte e rassegne di tutto il mondo, a cominciare dagli Stati Uniti, e che ben si riassume nel suo atelier, da poco inaugurato nel centro di Firenze. In questa nostra Sbam-chiacchierata (che trovate nella sua versione completa su Sbam! Comics 22, rivista digitale scaricabile gratuitamente da qui), quindi, parliamo di fumetti, ma non solo…
Ciao Lucio, e benvenuto su Sbam. Ti va di raccontarci i tuoi primi passi nel mondo dell’illustrazione e, in particolare, del fumetto?
La passione per le arti figurative mi ha accompagnato fin dalla primissima infanzia. Per quello che posso ricordare, ho praticamente sempre disegnato. Merito soprattutto di mio padre, pittore e scultore molto quotato a livello internazionale, che mi ha incoraggiato ed è stato il mio primo maestro. I miei primi lavori, se così si possono chiamare, sono state illustrazioni satiriche e caricature di famosi personaggi dei fumetti, realizzate per piccolissime case editrici: ricordo, tra gli altri, un Dylan Dog che diventava Dylan Blob, o Martin Mystère storpiato in… Martin Clistere. A un livello professionale più “serio”, ho debuttato collaborando con la Eura Editoriale per alcune copertine di Lanciostory e Skorpio. Poi, attingendo ai miei sudati risparmi, ho cominciato a girare varie fiere all’estero con il portfolio sotto braccio e ho passato un periodo negli Stati Uniti, bussando alla porta delle principali case editrici. Gli approcci, va detto, non sono stati incoraggianti, ma una volta rientrato in Italia sono arrivate le prime proposte di collaborazione. E, da allora, non si sono praticamente più fermate: ho lavorato per Heavy Metal Magazine, per la Marvel ho fatto diverse cover e interni, tra cui una storia legata a World War Hulk, e poi una lunga serie di copertine per personaggi come Vampirella, Red Sonja e Warlord of Mars della Dynamite, oltre a numerosi manuali e carte per giochi di ruolo come Magic the Gathering e Dungeons & Dragons, senza dimenticare i numerosi concept e character design per il mondo dei videogames. Insomma, il lavoro non mi è mancato…
Babbo a parte, quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente ispirato?
La mia principale fonte d’ispirazione è stata la pittura dal ’600 in avanti, diciamo da Caravaggio in poi. Anche Mattia Preti, per esempio, è un artista che ho sempre apprezzato molto. Così come, venendo all’800, mi piace guardare a Sabatelli o Hayez. Mi rendo conto che forse non è la risposta “fumettosa” che ti aspettavi, ma sono sempre stato un appassionato di storia dell’arte, di pittura e di scultura. Io stesso del resto sono anche pittore, quindi studio i grandi del passato e cerco di ispirarmi a loro, ovviamente con la massima umiltà. Da notare, tra l’altro, che mentre oggi si tende a considerare il fumetto e l’illustrazione come arte “secondaria”, nell’800 i grandi pittori già realizzavano scene di impianto fantasy concettualmente analoghe a quelle che si possono fare adesso su Vampirella o su un qualsiasi personaggio tratto da una serie tv…
E venendo ai contemporanei?
Amo riferirmi a quegli artisti che hanno tenuto vivo il filo conduttore della grande pittura di cui parlavamo prima, soprattutto quella dell’800. Quindi, i primi nomi che mi vengono in mente sono quelli di Norman Rockwell, J.C. Leyendecker, Frank Frazetta, Michael Whelan, Boris Vallejo… ma sicuramente ne dimentico qualcuno.
A livello di immaginario visivo, ti muovi preferibilmente tra il fantasy e il dark. È stata una scelta consapevole oppure casuale, dovuta al tipo di lavori che ti sono stati affidati?
In verità, entrambe le cose. Mi piace molto lavorare su questo tipo di soggetti, mi diverto, e nello stesso tempo i committenti sembrano apprezzarli particolarmente, quindi continuano a chiedermeli.
Qual è la tecnica preferita dal Parrillo fumettista?
Dipende molto dai tempi. In linea di massima preferisco lavorare con tecniche tradizionali, matita, china, piuttosto che acrilico, olio… Però oggi tutto si muove molto velocemente, e se i tempi di consegna sono troppo incalzanti ecco che ricorrere al digitale diventa una scelta praticamente obbligata. A onor del vero, va anche detto che a livello di risoluzione e di resa dei colori il digitale finisce per rispondere meglio a quello che è il gusto dei lettori contemporanei.
Prima di salutarci, uno sbirciata alla tua agenda: su che cosa stai lavorando ultimamente?
A livello editoriale, continuo a fare parecchie copertine e illustrazioni. Al di fuori dell’ambito editoriale, invece, ho da poco inaugurato un atelier in pieno centro a Firenze, a pochi passi dal Duomo. È uno spazio polivalente, pensato per ospitare mostre d’arte contemporanea, workshop, ma anche eventi musicali. Se capitate a Firenze, passate a trovarci: siamo in via dell’Amorino 4a. Vi aspetto!
(Marco De Rosa)