Abbiamo dedicato il nr. 31 di Sbam! Comics – la nostra rivista digitale dedicata al mondo del Fumetto, che potete scaricare liberamente da QUI – al tema del Fumetto classico, a quei titoli e a quegli eroi che sono rimasti nell’immaginario collettivo di tutti.
Tra questi, Diabolik ha sicuramene un posto in prima fila. Per parlare di lui, abbiamo incontrato il grande Enzo Facciolo, all’opera con le sue matite sui viali di Clerville fin dal 1963 (!), l’autore che ha codificato definitivamente l’estetica del personaggio: è a lui, per esempio, che dobbiamo gli inconfondibili occhiacci gelidi.
«Una sera, a cena, le sorelle Giussani mi spiegarono che secondo loro Diabolik doveva somigliare all’attore Robert Taylor, di cui tutte e due erano un po’ innamorate… Mi diedero quindi un sacco di foto di Taylor e io sono partito da quelle: ho esagerato un po’ gli occhi, e anche la stempiatura, così da dargli un aspetto più mefistofelico. Ho lavorato anche sul fisico, rendendolo più asciutto e slanciato: io apprezzo gli atleti, non i culturisti!». Inizia così la nostra Sbam-chiacchierata con il disponibilissimo Facciolo, che potete leggere integralmente appunto su Sbam! 31. Ve ne anticipiamo qui un estratto per ingolosirvi a dovere…
Partiamo dall’inizio: com’è avvenuto il suo approccio con il mondo del fumetto e, in particolare, con Diabolik?
Si tratta di una storia lunga e anche abbastanza rocambolesca. Io già disegnavo, ma mi occupavo soprattutto di pubblicità e di cartoni animati. Un giorno, era il 1962, venne a trovarmi un amico: aveva conosciuto a una seduta spiritica (già, proprio così!) l’editore di Fenarete, una rivista che esiste ancora oggi, il quale aveva deciso, proprio in seguito a quell’incontro con una medium, di buttarsi nel mondo dei fumetti. Così lo incontrai e decisi di provare anch’io a lavorare in questo campo, per me allora sconosciuto. Per lui realizzai un western, Clint Due Colpi, un umoristico, La vacca Gelsomina, un altro titolo di fantascienza e uno di spionaggio, ispirato ad Agente Segreto X-9. L’editore pubblicò subito il primo, poi scomparve misteriosamente e gli altri non videro mai l’edicola.
In seguito conobbi un giornalista, che per inciso era fratello delle celebri sorelle Nava, soubrettes molto in voga all’epoca, che si rivolse ad Angela e Luciana Giussani per proporsi come scrittore. Lo accompagnai e così ebbi modo di scoprire che loro, in realtà, stavano cercando un disegnatore. Appena avanzai la mia candidatura mi parlarono subito di Diabolik, che allora era appena nato. Ricordo che, una volta tornato a casa, dissi a mia moglie che un personaggio del genere non poteva durare, che era troppo diverso dall’Uomo Mascherato o dall’Asso di Picche… Beh, più di cinquant’anni dopo sono ancora qui a disegnarlo!
Un ricordo delle sorelle Giussani?
Due persone fantastiche, molto moderne, assolutamente notevoli! Che altro potrei dire?
Com’era, all’epoca, lavorare su Diabolik?
Si tenevano ritmi davvero tremendi. Non avevamo “scorte”, quindi si lavorava mese per mese sulle nuove storie. Finché a un certo punto, nel 1969, non ce la feci più, lasciai Diabolik e tornai al mio lavoro in pubblicità. Insieme a un socio aprii anche un’agenzia, che mi diede delle belle soddisfazioni. Ma tornai di nuovo sui miei passi quando sul lavoro arrivarono i computer, con cui proprio non mi trovavo a mio agio. E fu ancora Diabolik…
Tra le difficoltà di disegnare un personaggio come Diabolik, c’è che spesso è molto statico nelle inquadrature…
È vero! E a volte, proprio su questo, mi sono trovato a discutere con gli sceneggiatori: c’è stata una storia, Ricordo del passato, dove Diabolik per 20 pagine parlava a un video! In casi simili io posso variare l’inquadratura: sinistra, destra, controcampo, esterno… ma a un certo punto le soluzioni finiscono, è inevitabile.
Come si trova a lavorare con altri disegnatori? E che cosa pensa delle altre matite “diabolike”?
Ho provato a fare solo le matite e a delegare le chine, ma il risultato è stato un disastro: capitava che mi cambiassero i disegni, che togliessero alcuni particolari, a volte non li riconoscevo neanche più. Così ho provato il contrario, delegare le matite e poi inchiostrarle io, ma alla fine mi costava più fatica. Finché ho cominciato a lavorare con Glauco Coretti, già mio collega alla Pagot quando facevo cartoni animati, e con lui mi sono trovato molto bene. Poi è arrivato Sergio Zaniboni. Quando vidi le sue prime tavole, esclamai: finalmente! Lui è davvero un signor disegnatore, non solo su Diabolik. Per esempio, secondo me il Tex di Zaniboni è il più bello di sempre (si tratta di Piombo rovente, il Texone nr. 4 uscito nel 1991 e ristampato nel 2006, testi di Claudio Nizzi, Ndr).
In totale, quanti numeri di Diabolik ha firmato?
Difficile dirlo. C’è stato un anno in cui li ho fatti tutti io, un vero record! Ma c’è da dire che mi sono portato Diabolik anche in viaggio di nozze…
Quanto impiega a realizzare una storia?
Adesso che posso lavorare con più calma e che… è passato qualche giovedì, ci impiego circa un mese, un mese e mezzo.
GULP! Velocissimo!
(Marco De Rosa – Antonio Marangi)